La collaborazione tra “marketing strategico” e data science a sostegno dell’innovazione nell’epoca del “New Normal” digitale: una soluzione?
6 maggio 2020 - Chiara Poselle Bonaventura

Durante questa emergenza che coinvolge tutti, nessuno escluso, ho avuto modo di notare nella mia casella di posta un aumento considerevole del cosiddetto “email marketing”. Questo mi ha portato a riflettere, da consumatrice e non da esperta nel settore, sulle strategie che le aziende stanno adottando per gestire l’imprevisto, l’inaugurato, il quasi impossibile.
Il business as usual non esiste più ed è stato soppiantato dal worst case scenario, pertanto compiere scelte nel campo del “marketing strategico” è un compito particolarmente delicato, per vari motivi.
In primo luogo, il viaggio del consumatore ha subìto improvvisamente, con modalità inaspettate, una vera e propria disruption. Nel contesto attuale di prolungato e forzato isolamento in casa, le esigenze sono drasticamente mutate, quindi intercettare i pain point e i bisogni della “nuova buyer persona” è un compito essenziale per sopravvivere sul mercato. La situazione descritta è particolarmente sfidante per le aziende che mettono al centro il consumatore, perché hanno meno contezza delle esigenze del pubblico cui si rivolgono.
Inoltre, i messaggi veicolati possono facilmente essere interpretati con una carica emotiva nuova e non trascurabile. In questa epoca difficile, immagino che ogni azienda debba soppesare e valutare criticamente, in modo ancora più accorto, ciascuna parola, ciascuno slogan, ciascuna immagine. Il tono delle campagne influisce su come un consumatore percepisce il brand e vi è il rischio che il cliente tolga facilmente la fiducia a un’azienda che non è in grado di dimostrare la giusta sensibilità nei confronti del contesto circostante.
Come mai prima d’ora è vitale prestare attenzione al “social listening” e migliorare i servizi di customer care per intercettare i nuovi bisogni dei clienti e tenere vivo il rapporto con loro. Inoltre, è necessaria la massima trasparenza nel comunicare al consumatore su quale livello definire le proprie aspettative, in quanto l’offerta di servizi e prodotti (soprattutto) può aver subìto una importante contrazione in seguito alle difficoltà della filiera in questo periodo di pandemia.
Il marketing strategico deve, inoltre, comunicare efficacemente, rispondendo agilmente ai mutamenti di contesto, considerato il fatto che i cambiamenti nelle operations e nella supply chain dell’azienda hanno tempi di risposta decisamente più lunghi.
Risulta quindi fondamentale adottare dei piani di azione per i CMO (Chief Marketing Officer), e non solo, volti alla gestione della “crisi”. L’etimologia di questa parola deriva dal greco κρίνω (“krino”), verbo con significati molteplici: distinguere, separare, dividere, scegliere, decidere, giudicare. Pertanto, la parola in sé ha accezione sia negativa sia positiva. Con il tempo vi è stato uno spostamento semantico verso l’accezione negativa, ma dalla “separazione” e dalla “scissione” vengono generate anche opportunità. Questa crisi, quindi, è il momento giusto per le aziende di scovare vantaggi di posizionamento sul mercato mantenendo al centro un “nuovo consumatore” e puntando sul digitale.
La situazione di frattura che abbiamo di fronte ci ha catapultato nell’epoca del “New Normal”. Le aziende avranno la necessità di diventare sempre più “agili”, ridisegnando i modelli operativi in tempi rapidi e il marketing dovrà dimostrare di essere sufficientemente resiliente di fronte a urti e contraccolpi.
Nel webinar “Immediate Actions to Strengthen Your Marketing Plan” di Bain & Company, viene messa in luce la sfida di ridisegnare il marketing aziendale per garantire una performance adeguata. Nel mercato dei media, da un lato si è registrata una flessione del budget (come evidente risultato dello scenario macroeconomico attuale con differenti gusti dei consumatori e disponibilità dei prodotti) e dell’inventory (i.e. -60% nell’ambito dello sport), dall’altro sono state evidenziate una riduzione dei costi nel digital advertising (i.e. -40% per il CPM, il Costo Per Mille, a causa dello spostamento degli utenti sull’online) e una crescita rilevante della “digital viewership”.
In ottica forward-looking, il digital delivery dovrà essere garantito per poter far fronte alla nuova domanda e mi aspetto che il marketing strategico investa molto in questo ambito, in un contesto di tagli importanti alla spesa in comunicazione.
Tale osservazione è supportata anche dal fenomeno di una crescita esponenziale nell’e-commerce. Da una ricerca Nielsen risulta che “Per quanto riguarda l’eCommerce, il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online da lunedì 23 a domenica 29 marzo è stato del +162,1% in rialzo di +20pp rispetto al trend della settimana precedente”. Sebbene in Italia la diffusione dell’online sia evoluta e presenti un digital divide sempre meno accentuato, il nostro Paese continua a non configurare tra quelli maggiormente all’avanguardia nell’ambito delle vendite online.
Nonostante ciò, in questo momento critico, la crescita ha subito un incremento rilevante anche in Italia.
In questo scenario, i gruppi della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) che non hanno saputo garantire una pronta risposta alla crescente domanda hanno intaccato la fiducia dei consumatori.
Altre realtà, consapevoli dello iato molto forte tra domanda e offerta e consci di non avere i mezzi per il rispetto delle consegne entro tempistiche ragionevoli per cause logistiche, hanno attivato delle soluzioni diverse. Esse hanno puntato sulla standardizzazione dell’offerta a scapito della personalizzazione.
Il valore aggiunto di questa strategia è sicuramente contingentato alla situazione straordinaria che stiamo vivendo, ma ha dimostrato che le aziende che l’hanno adottata sono accanto al consumatore e sono capaci di reinventare le loro strategie per venire incontro alle sue esigenze.
Sarà una chiave vincente continuare con una simile rottura nella logica standard di assortimento dell’e-commerce anche nel lungo periodo? Probabilmente sì, perché queste aziende sono riuscite ad accelerare la trasformazione digitale dimostrando creatività e flessibilità nel rispondere a un effettivo problema della buyer persona, nonché a ottenerne la fiducia.
Dal mio punto di vista, le aziende che riusciranno a distinguersi e a navigare in questi tempi bui dovranno aver investito molto sulle analisi dei dati dei clienti, anche tramite il supporto delle Data Management Platform. Bisogna innovare per accomodare le nuove richieste, sfruttando il potere degli insight generati dal data analytics, anche in tempo reale.
In un momento di ripiegamento, è plausibile che si ritorni a criteri di performance più chiari e immediati (tasso di conversione) e ogni euro investito nel marketing strategico deve generare importanti ritorni sull’investimento, pertanto l’accuratezza delle analisi dei dati dovrà essere assicurata.
Abbiamo l’impressione che, a emergenza finita, i consumatori avranno cambiato le loro abitudini in modo definitivo e l’archetipo comportamentale di clienti multi-channel sarà preminente. La value proposition è cambiata, così come il modo di creare valore e la modalità di capitalizzarlo. È (e resterà) necessario orientare il rapporto con il mercato in modo diverso e gestire l’emergenza traguardando il futuro.
Immagino uno scenario nel quale i team “best-in-class” saranno formati da marketers, esperti di strategia e data-scientist.
Sarebbe stato meglio organizzarsi in tempi meno turbolenti per mitigare il rischio d’insuccesso intrinseco all’innovazione, ma quando la sfida si fa dura, i duri cominciano a giocare.
* Chiara Poselle Bonaventura è IT Project Manager presso Primario Gruppo Bancario Europeo